Silvio è un artista che ama profondamente la sua valle. Tenace continuatore di una tradizione che si perde nella notte dei tempi, si può definire un artigiano e un artista della pietra ollare. La pietra ollare è un minerale tenero, resistente al calore, ideale per cucinare perché da fragranza al cibo. Una pietra che richiede mani esperte, dal momento del distacco del masso fino alla tornitura e al decoro.
Le sculture di Silvio Gaggi, incise e levigate con grande perizia, sono frutto, oltre che di lavoro sapiente, di fantasia e di rigoroso equilibrio, sotto il controllo della ragione e della volontà. Con la certezza di un risultato finale di pienezza e di grazia.
Un uomo, Silvio Gaggi, che della scultura e della pittura ha fatto la ragione della sua vita; un artista che al di là di ogni retorica ha risolto la materia e il colore come risonanza interiore, equilibrando la verosimiglianza col dato costruttivo e descrittivo. Dice di se stesso: «A nove anni ho iniziato a disegnare, ma sono anche andato a scuola. Dal 1951 al 1963, ogni mattino, mi recavo alla frazione Costi a prendere lezioni private dal professore Erminio Dioli, originario di Caspoggio, che ha studiato Belle Arti e da lui ho imparato la tecnica dell'incisione, della pittura e l’arte in genere. Al pomeriggio lavoravo con il padre”.
Così quella famiglia che per generazioni ha lavorato la “pietra verde" contribuendo a far la storia della valle, viene ancor più apprezzata attraverso l’impegno artistico di questo figlio che insieme al nonno Silvio, al padre Pietro ed al fratello Alberto ha saputo sviluppare appieno libertà plastica e linearità funzionale. Producendo piatti, vasi e sculture di loro produzione, unendo armoniosamente tradizione e spirito moderno, lavorando con coscienza e magistrale impegno anche il bronzo e la terracotta, per cercare un modello di bellezza realistica e nello stesso tempo idealizzata per rendere testimonianza del suo intendimento artistico e del suo sempre rinnovato slancio emotivo.
Anche nella pittura Silvio Gaggi opera con l'emozione che sorge dal profondo, sublimando le realtà con una tranquilla e piacevolissima luminosità.
Usando tinte smorzate e attraverso una filtrazione mentale a simboleggiare il silenzio atavico che percorre la sua amata valle, circonda le baite e i valligiani intenti ai loro atavici mestieri.
Figure emblematiche, se vogliamo, che hanno la comprensione e l’affettuosità del ricordo, e rendono piacevoli gli umili lavori artigianali delle lunghe giornate invernali. Accanto, vedute paesaggistiche e casolari e tanta neve che rendono ancora più particolare, viva e profonda la visione contemplativa e la vitalità delle immagini. Dove il tempo con solenne elasticità e magica sospensione, insieme alle modulazioni delle mezze tinte, sembra fermarsi per mettere ancor più in risalto la purezza di quella coltre atmosferica appena sussurrata.
Chi si pone, per la prima volta, di fronte a questi quadri non può non essere colpito dal predominio dei grigi e dei verdi. Sembra quasi che la sua tavolozza sia ridotta a pochi colori, che il pennello o la spatola tenda al monotipo.
Gli interrogativi trovano una spiegazione quando si considerino due elementi fondamentali dell’arte di Gaggi: la Valmalenco e la pietra ollare. Silvio Gaggi è nato e cresciuto in questa valle famosa per le sue vette, le sue pinete, le sue nevi, i suoi granati verdi, i lunghi grigi inverni. E questo mondo che ritroviamo nei suoi quadri, filtrato attraverso un sentimento accorato teso a raccontare ora l’aspra tristezza della montagna sferzata dal nubifragio, ora la desolata quiete delle nevicate autunnali, ora il dardeggiare dell'ultimo sole tra le brine del fondo valle o il lampeggiare, in controluce, dei tetti bagnati.
I colori che Gaggi sceglie per questo inno alla valle sono quegli stessi, limitati e rigorosi, che da anni egli è abituato a ricercare nelle sottili, raffinate, sfumature della pietra ollare, là dove il ferro tagliente là incide, la rode, la fruga, la leviga.